Il tema del concorso presentava una strana schizofrenia:
Da una parte si chiedeva visibilità ed espressività internazionale e dall’altra il rispetto della straordinaria ricchezza del sistema Venezia-Lido-Casinò e del giardino, il tutto con un programma funzionale imponente.
Il progetto risolve la contraddizione sviluppando gran parte del programma sotto il livello del terreno: l’ unica emergenza fuori terra è la sala principale.
Questo consente di realizzare una grande piazza su cui convergono il Casinò ed il nuovo edificio e di conservare quasi integralmente il giardino esistente.
La piazza e il giardino sono due spazi pubblici che diventano due passerelle reali e virtuali di cerimonie, sfilate e riprese televisive; il primo offre vedute aperte e solari, il secondo vedute voyeuristiche e ombrose, quasi di rapina. Le tecniche di ripresa cinematografica e televisiva sono parti del progetto.
La grande sala – ben 2400 posti – è il punto dove confluiscono i flussi rituali generati dal festival e da altre iniziative mediatiche che qui si svolgono.
La sala è anche perno di una composizione urbana che integra piazza e mare, giardino e natura, Casinò e nuovo Palazzo del Cinema. La struttura longitudinale è lunga circa novanta metri, ben visibile, rivestita di un sistema composito di resina e materiali naturali color terra, e rende l’architettura senza scala ed enigmatica, come il luogo preciso in cui si trova.
La vetrata è anche momento di riflessione sul tema del vetro: tema di sintesi tra Venezia, l’architettura moderna e la pellicola cinematografica. La sua superficie condivide alcune caratteristiche con l’ala di una libellula: la vetrata risponde ai carichi orizzontali del vento, l’ala alla pressione aerodinamica dell’aria. Così, la vetrata è un piccolo sogno tecnologico che fonde insieme l’eleganza organica dell’ala di libellula, il savoir faire dei maestri vetrai di Murano, e la nobiltà dell’Arte Povera.
La maggior parte del programma richiesto è risolto in orizzontale sotto il livello del terreno.
Una piazza coperta lunga circa trecento metri occupa il piano ipogeo della piazza metafisica con affaccio sul mare; è uno spazio libero con vedute profonde e pavimenti che salgono e scendono impercettibilmente a scandire zone e a raccordare gli edifici circostanti. Due profonde vasche ospitano gruppi di pini marittimi esistenti, splendidamente scolpiti dal vento: al loro interno si trovano dei bar; come dei pozzi, le vasche sono delle sorgenti di luce naturale.